Prendetevi 5 minuti del vostro tempo e leggetevi la storia che stiamo per raccontarvi. Molti di voi si riconosceranno in questa storia perché la vivono tutti i giorni.
E’ la storia di un quartiere nato a ridosso del Grande Raccordo Anulare e, forse proprio per questo, condannato sul nascere a conviverci, in un rapporto di simbiosi obbligata con la strada, con l’asfalto, con l’automobile.
Chi ha comprato qui, investendo ciò che aveva, spesso non molto, e ipotecando il futuro, lo ha fatto con la promessa, già da 30 anni fa, che qui sarebbe arrivata la metropolitana.
Quello che è successo dopo è stato un susseguirsi di progetti e promesse e speranze. Un susseguirsi di campagne elettorali in cui tutti venivano a proclamarsi convinti sostenitori del bisogno di mobilità veloce e sostenibile, della priorità del tema della mobilità veloce e su ferro. Tutti, nessuno escluso.
Nel frattempo gran parte della vita dei residenti è trascorsa in automobile, i bambini sono nati pendolari, gli studenti erano e sono rimasti fortemente penalizzati rispetto a tanti coetanei che possono muoversi meglio, più velocemente, più comodamente. I lavoratori hanno dovuto fare i conti tutti i giorni con ingorghi, traffico, ritardi, corse degli autobus saltate. E tutti loro continuano a farlo. E sono passati 30 anni!
Ci siamo battuti, abbiamo tenuto sempre alta l’attenzione su questo problema. Abbiamo accompagnato politici e amministratori su quel ponte che, simbolicamente ma anche fisicamente, ci divide dalla città, ce la rende estranea o rende noi estranei ad essa, che è anche peggio. Abbiamo anche avanzato proposte, cercando di essere non solo polemici ma anche propositivi. Ci siamo resi, nel nostro piccolo, partecipi delle battaglie che il mondo attuale persegue in favore di una sostenibilità ambientale dei trasporti, anche guardando alla ciclabilità e alla pedonalità.
E cosa abbiamo ricevuto in cambio? Complimenti, strette di mano e… tanti saluti. Perchè, a conti fatti, siamo sempre punto e a capo. Ci dicono di non prendere l’automobile ma non ci danno gli strumenti e i mezzi per poterlo fare.
La realizzazione delle infrastrutture è un tema complesso e non spetta a noi entrare nel merito di scelte gestionali nella formulazione e gestione degli appalti né di questioni giudiziarie che ne sono scaturite nel tempo. Ma distruggere un sogno è una cosa diversa e lì sì che possiamo entrarci. Non abbiamo mai smesso di sognare e non smetteremo neanche adesso. Noi vogliamo risposte, cerchiamo una prospettiva, una luce in fondo al tunnel di questo marasma amministrativo e giudiziario che non può e non deve diventare l’ennesima scusa per accantonare un progetto che, invece, per un intero quadrante di città è vitale.
Proprio un anno fa, in una commissione pubblica sui trasporti, l’attuale amministrazione propose di mettere in calendario uno studio di fattibilità, con lo scopo di chiedere fondi pubblici al governo per la realizzazione di un sistema di trasporto adeguato ai bisogni di una Capitale, specificamente indirizzato al prolungamento della metro B nel quadrante Tiburtino. Di questo studio non abbiamo più saputo nulla, nonostante le ripetute sollecitazioni. Non sappiamo se sia stato redatto né se sia stato affidato un incarico, in house o esterno all’amministrazione. Non sappiamo nulla. E questo, da un’amministrazione che pubblicizza ogni metro di marciapiedi rifatto, ci sembra intollerabile.
L’unica cosa che tutti ormai sappiamo, da fonti di stampa, è che pagheremo per una metro che, forse, non si farà.
Ora, se hai letto questa storia fino in fondo, anche tu starai pensando: “Non me lo merito. E no che non me lo merito!”.
Usciamo da questo empasse. Casal Monastero c’è. Istituzioni, se ci siete anche voi, battete un colpo!
A.S.S.C. Casal Monastero
Il Direttivo